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Dopo il codice di Da Vinci, il codice di Michelangelo

la creazione di Adamo
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Ci sono quadri che lasciano a bocca aperta per la loro bellezza e altri che suscitano meraviglia per gli interrogativi che sollevano.

Nella “Creazione di Adamo”, con enorme sorpresa, è stato infatti constatato che il gruppo di angeli attornianti la figura di Dio crea una sagoma incredibilmente simile all’immagine di una sezione sagittale del cervello.

Potrebbe questa essere una creazione simbolica in cui l’artista suggerisce che Dio è, in fondo, un prodotto della mente dell’uomo? Oppure che nella nostra mente vi è il potere della creazione?

Il primo a rivelare tale somiglianza è stato il neurologo Frank Lynn Meshberger, del St. John’s Medical Center in Anderson, Indiana (USA), pubblicando un suo articolo sulla prestigiosa rivista “Journal of American Medical Association” in cui ha descritto minuziosamente le sorprendenti corrispondenze che esistono tra l’anatomia di un cervello umano e la rappresentazione Michelangiolesca.

«Perché mai Michelangelo avrebbe messo Dio dentro un cervello?»

La risposta arriva dalle pagine di «The Sistine Secrets» (I Segreti della Sistina) di Roy Doliner, studioso dell’arte e docente nei Musei Vaticani, e Benjamin Blech, docente di Talmud alla Yeshiva University di New York e considerato fra i più autorevoli rabbini cabbalisti. Nel libro si arriva alla conclusione che Michelangelo adoperò un «codice» per la realizzazione della Cappella Sistina, talmente segreto da far apparire banale quello attribuito a Leonardo da Dan Brown.

INTRODUZIONE DEL LIBRO

Era il 1508 quando Michelangelo, poco più che trentenne, iniziò a lavorare al gruppo di affreschi della Cappella Sistina. In quello che potrebbe sembrare un manifesto pittorico del cristianesimo e della Chiesa cattolica, però, l’artista ha inserito simboli inaspettati. Perché l’albero del Bene e del Male è un fico, e non un melo? Perché il serpente tentatore ha cosce e braccia, come descritto nei testi ebraici? Stimolati da queste e altre “coincidenze”, gli autori – uno storico dell’arte e un esperto di Talmud – ci mostrano il messaggio rivoluzionario celato in quelle immagini, gettando nuova luce sul profilo del genio ribelle. Il risultato è un libro avvincente nel quale l’indagine, condotta come in un giallo, rivela una ricerca storica rigorosa e appassionata, che insegna a vedere con occhi nuovi uno dei capolavori della storia universale.

Dove porta la Kabbalah

Il «codice di Michelangelo» è basato sui simboli della Kabbalah. Buonarroti disseminò la Volta e il Giudizio Universale di messaggi riconducibili alla mistica ebraica. A cominciare proprio dall’uomo creato dalla mente perché viene all’interpretazione cabbalistica che vuole l’essere umano frutto della conoscenza posizionata nell’emisfero destro del cervello, proprio il luogo dove Michelangelo raffigura Dio.

Il volume accompagna il lettore attraverso una miriade di simili esempi, in parte rielaborati da precedenti studi in parte trovati dagli autori, come nel caso del cerchio dorato sul mantello di Aminadab, ricomparso con i restauri del 1980-1999, che richiama il simbolo della vergogna che all’epoca di Michelangelo gli ebrei erano obbligati a portare sugli abiti.

In maniera analoga nel Circolo degli Eletti del Giudizio Universale si trovano, proprio sopra Gesù, due ebrei con in testa cappelli simili a quelli che l’Inquisizione obbligava loro di indossare per distinguersi dai cristiani: con le due punte che richiamavano il Diavolo o di color giallo.

Una miriade di esempi

Il profilo del Giudizio Universale ricorda quello delle Tavole della Legge così come le dimensioni della Cappella Sistina sono identiche, al millimetro, a quelle dell’«Eichal» del Tempio di Salomone, ma ciò che più colpisce è come Blech e Doliner siano riusciti a rintracciare nei Pendenti che si trovano ai quattro angoli della Volta lettere ebraiche formate con gli arti dei personaggi raffigurati richiamando concetti cabbalistici: la Ghimel di gvurà (orgoglio) nel pannello di David e Golia come la Chet di chessed (pietà) in quello di Giuditta e la sua ancella mentre gambe e dita di Giona formano una Hei che corrisponde al numero 5, quanti sono i libri del Vecchio Testamento.

Giona viene raffigurato in un grande pesce, come suggerisce il Midrash, e non nella tradizionale balena della cultura cristiana. Anche nel caso dell’Arca di Noè l’immagine evoca il Talmud perché si tratta di una grande scatola galleggiante. Lo stesso vale per Eva, che nasce non dalla costola ma dal fianco di Adamo. E ancora: il frutto della tentazione sull’Albero della Conoscenza nell’Eden non è la mela della tradizione cristiana ma i fichi, come riportato dal Midrash.

Ipotesi sulla motivazione

Arrivati all’ultima pagina del libro si ha la sensazione che Blech e Doliner identifichino la chiave del «codice di Michelangelo» nella scelta di costruire un ponte esoterico fra cristianesimo ed ebraismo che coincide poi con l’identità degli autori: un rabbino che nel 2005 ha benedetto in Vaticano Giovanni Paolo II e nel 2006 accompagnò l’attuale pontefice ad Auschwitz, e un appassionato d’arte che passa le sue giornate fra i «Sistine Secrets».

VIDEO SUGGERITI E DI APPROFONDIMENTO


CURIOSITA’

Michelangelo si vendicò in questo modo contro Biagio Da Cesena, il cerimoniere del Papa che gli aveva rivolto aspre critiche per i corpi nudi affrescati nella Cappella Sistina. Il pittore decise di mettere il suo volto al Minosse che compare nell’affresco del Giudizio Universale. La vendetta non piacque a Biagio da Cesena, che andò a protestare dal Papa. A questo episodio si lega l’aneddoto secondo cui il Santo Padre avrebbe risposto al suo cerimoniere sorridendo: “Se t’avesse messo nel Purgatorio, farei di tutto per levarti; ma nell’inferno non posso fare nulla…”.

 

 

 

Citato nel libro “I segreti d’Italia ”
nel capitolo “Giudizi universali”.


 

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InfoBox Autore

Carla
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